

La versatilità del campione olimpico in carica ha ridefinito le possibilità del triathlon. Adesso sta per gareggiare di nuovo sul palcoscenico mondiale e si considera sfavorito.
Testo di Andy McGrath, fotografia di Orbital Studio
Pling!
Kristian Blummenfelt fa il suono di un elastico teso che si spezza.
Il triatleta norvegese non si dimenticherà mai quel fatidico momento durante la gara di corsa quando, accelerando, si voltò e si accorse che la distanza tra lui e il suo rivale olimpico Alex Yee stava aumentando.
Otto metri, poi dieci, poi quindici.
Stava succedendo davvero: dieci anni di duro lavoro erano risultati in un vantaggio di quattro minuti, da sfruttare a tutto gas In Blummenfelt scattò l’istinto di sopravvivenza primordiale che lo spronò a dare il massimo.
“Quei 100 metri di sprint finale mi stavano mandando in panico perché i miei sprint non sono un granché” ricorda, Si disse: “Più ci avviciniamo a quel punto senza che io riesca a mantenere il vantaggio, più è probabile che io perda... o muoia.”
Così accelerò come se in gioco, oltre all’oro, ci fosse la sua vita, che, in effetti, stava per cambiare per sempre.
Il trionfo olimpico di solito è il traguardo più grande per un atleta. Ma non per Blummenfelt, che l’ha semplicemente usato come trampolino di lancio per partire alla conquista dell’universo. Non avendo niente da perdere, ha pensato di porsi un obiettivo che ha del miracoloso: vincere le Olimpiadi, i Campionati mondiali di Triathlon (WTCS), i mondiali di Ironman e quelli di Ironman 70.3 in un anno di tempo. Per qualunque sportivo meno assetato di competizione di lui sarebbe stata pura e semplice follia.
Il trentenne ha sempre voluto diventare un atleta professionista. Era un ragazzino attivo che giocava a calcio e girava in bicicletta per le montagne di Bergen. “Ero fissato con lo sport” dice. “Da bambino ero fissato con lo sport”, dice. “Probabilmente avevo troppa energia da bruciare,se sei fatto così sei come una batteria che non si esaurisce mai. Quando cominci a goderti un’attività per tempi prolungati, diventi più sicuro di te. La competitività nello sport mi è sempre piaciuta, ci vado a nozze.”
Kristian iniziò con il nuoto, ma dato che in piscina non era fra i migliori, decise di provare con il triathlon, così, per capriccio. Vinse la sua prima gara nel 2008, a soli 14 anni.
Il passo successivo fu di unirsi alla squadra nazionale creata da Stein Gundersen per allenare atleti in divenire e farli partecipare alle Olimpiadi del 2020 e ai Mondiali di triathlon. “Non che io fossi strabravo, mi prese perché ero tra i quattro che riuscì a trovare su internet e acconsentii di partecipare”, ricorda Kristian.
La crescita di Blummenfelt è andata di pari passo con quella della Norvegia come nazione del triathlon. Il fatto di partire da zero, senza una storia sulle spalle e un modello di riferimento, ha permesso al team di pensare fuori dagli schemi. Come ipotizza il triatleta: “Forse abbiamo avuto più spazio per la creatività in termini dei volumi che facevamo. Diciamo che non avevamo niente da perdere.”
Il cosiddetto metodo norvegese ha fatto parlare di sé negli ultimi anni. È una forma di preparazione fisica per gli sport di resistenza che lavora molto sui livelli di lattato e prevede alti volumi di allenamento a bassa intensità. “Quattro o cinque anni fa la gente ci prendeva in giro dicendo che facevamo più test in laboratorio rispetto alle gare che vincevamo. Ma adesso la percezione è un po’ cambiata”, dice Kristian, “e io credo che sia stato un aspetto importante del nostro successo”.
Il suo coach, Olav Aleksander Bu, ha svolto un ruolo fondamentale, aiutando Kristian a lavorare sulle sue debolezze e a concentrarsi su distanze diverse del triathlon passando dall’una all’altra in tempi brevi. C’è anche da dire che Blummenfelt ha un fisico ideale per il triathlon. Con una capacità polmonare superiore e un cuore più grande rispetto alla media, il suo VO2 max (la massima capacità aerobica) è attorno ai 90 litri.
A questo si aggiungono una smania di estendere continuamente i propri limiti e la capacità a seguire dei ritmi di lavoro fenomenali per superare i suoi record precedenti. “È questo il fattore \[motivante] numero uno: capire fino a che punto riesci a raccogliere tutte le forze per migliorare le tue sessioni”, spiega. “Sono ben consapevole del fatto che le mie statistiche quest’anno non sono quelle dell’ultima volta. Mi ricordo i miei tempi di specifiche sessioni di allenamento di cinque anni fa in Sierra Nevada. Sto cercando di raggiungere quelli.”
In media, lavora per 30 ore alla settimana, facendo da due a tre allenamenti al giorno. La sua disciplina di ferro è praticamente la stessa dall’adolescenza. “Già quando avevo 14 anni i miei allenatori di nuoto ne erano affascinati... Credo che la mole di lavoro duro e puro che sto facendo adesso sia la stessa di 20 anni fa.”
Immaginare Kristian in ozio, disteso in spiaggia a leggere un libro è quasi impossibile. È più probabile vederlo intento a cercare di affinare i suoi tempi o ad allenarsi con una mascherina per testarne i vantaggi. Dopotutto, come ha detto lui stesso nel 2023: “la vittoria è più dolce se ce l’hai messa tutta.”
Quello di Blummenfelt è stato un progresso continuo. Da giovanissimo ammirava gli eroi dei mondiali di triathlon e del triathlon sprint come Javier Gómez e i fratelli Brownlee. Poco dopo gareggiava con loro. “Stavo facendo progressi, mi stavo avvicinando ai migliori e sentivo che dentro di me avevo la capacità di farcela”, dice.
Tuttavia, gli ci è voluto qualche anno per vincere le gare più prestigiose. Dopo una serie di secondi posti nelle WTCS, la vittoria della finale a Losanna nel 2019 ha sancito la sua entrata nell’élite del triathlon e la conferma che avrebbe realizzato il suo sogno olimpico.
Alla vigilia della grande gara a Tokyo nel social feed dell’atleta era apparso un ricordo del 2012: un articolo di un giornale norvegese locale, il Bergens Tidene. Il titolo diceva: “Voglio vincere l’oro olimpico.” Alle Olimpiadi ci era arrivato per davvero: “Ecco cosa sono venuto a fare qui”, si disse. “Se non vinco passerò tre brutti mesi dopo la gara.”
A Kristian non piace autoinfliggersi sofferenze mentali e fisiche mentre lotta per il primo posto. “No”, dice, “il punto è stare ben concentrati nella parte critica della gara. Quando mancano sei minuti al traguardo devi liberarti di tutti questi pensieri e chiederti solo: è davvero vuoto il mio serbatoio? O posso continuare a darci dentro? È questo è il ritmo a cui i miei rivali correranno fino al traguardo o sto correndo più veloce? Se sono in vantaggio, posso aumentare ancora la velocità, perché dopo il ritmo rallenterà.”
“Infatti a quel punto di solito faccio l’impennata finale, come negli ultimi 1500 metri a Tokyo, perché è anche uno dei momenti più difficili della gara a livello psicologico.”
A volte è l’idea del dolore della sconfitta a incoraggiare Kristian. Perdere fa ancora più male è il suo mantra, come si legge sul tubo superiore della sua bici. “Ovviamente, sul momento, le vittorie mi regalano tanta gioia”, dice, “ma poi appena passa un po’ di tempo voglio vincere di nuovo.”
“Gli atleti di successo dopo le vittorie hanno spesso dei periodi di bassa motivazione. Per me è praticamente il contrario: se è andata bene, spunto la casella e passo alla successiva. Se è andata male, è come un’iniezione di vitamine. Voglio solo fargliela vedere dice, enfatizzando le ultime parole con tono frustrato. “Quei \[brutti] momenti della gara mi restano in testa e mi tormentano per un paio di settimane. E questo mi dà nuova motivazione per dare il massimo.”
Gli obiettivi post-olimpici di Blummenfelt, cioè di vincere i mondiali di triathlon, quelli di Ironman e quelli di Ironman 70.3, erano già sulla sua lista anni prima della vittoria a Tokyo. “Non sono riuscito a vincere l’Ironman 70.3 nel giro di un anno, mi ci sono voluti 18 mesi”, dice, quasi come a volersi scusare. Ma l’anno successivo ha aggiunto ai suoi successi un Ironman sotto le 7 ore, regalando al pubblico una performance unica e misurata.
L’Ironman \[3,8 km di nuoto, 180 km di bici e 42 km di corsa], il mezzo Ironman (o Ironman 70.3) e il triathlon sprint \[1.5 km di nuoto, 40 km di bici e 10 km di corsa] sono tre sfide totalmente diverse in termini di sforzo fisico e psicologico. È un po’ come confrontare il lavoro che ci vuole per scrivere Guerra e pace rispetto alla stesura di un poema e quella di un romanzo. Affrontare e vincere tutt’e tre le gare in così breve successione è stato un gesto coraggioso e brillante che entrerà negli annali della storia dello sport.
Tra le varie distanze del triathlon, Kristian ritiene che quella che faccia più per lui sia il lungo. “Penso che per me sia più facile vincere un altro mondiale di Ironman che vincere le Olimpiadi”, afferma. “È la distanza più su misura per me e le mie doti naturali. La maggior parte degli atleti che fanno le gare dei mondiali di triathlon non riuscirebbero a vincere l’Ironman se ci provassero subito e lo stesso vale per gli atleti Ironman se cercassero di fare le distanze WCTS. Non che una gara sia più semplice delle altre, semplicemente, la resistenza che serve per l’Ironman mi viene più naturale rispetto alla velocità che serve per il triathlon sprint.”
Kristian considera il 2023 come un anno nella media, in cui le influenze stagionali hanno inciso negativamente sulle sue prime gare e anche sulla finale dei mondiali di triathlon.“Ma ho avuto abbastanza soddisfazioni nell’allenamento che mi hanno dato la speranza di poter raggiungere i miei obiettivi per il 2024.”
Quando sale sui pontoni di partenza prima delle gare, l’atleta si gode la voce dell’altoparlante che lo annuncia come “il campione olimpico in carica”, un titolo che non ha nessuna intenzione di cedere. “Voglio far vedere che riesco a combinare la vittoria olimpica con quella nei mondiali di Ironman ancora una volta, ecco la mia prossima grande sfida.”
“Direi che la mia sete di vittoria è la stessa. Credo di sapere come rimettermi in forma, ma in un certo senso la pressione è minore. Anche se ho vinto molte gare, c’è chi pensa che questa volta io non abbia speranza per via della mia ultima stagione.”
Blummenfelt prevede che gli avversari Alex Yee, Hayden Wilde e i francesi che correranno in casa saranno più difficili da battere.
“In un certo senso parto da una posizione svantaggiata, ma con l’occasione unica di diventare campione olimpico per la seconda volta di fila. È la mia opportunità speciale, per così dire.”
In ogni caso, grazie alla sua indole, alla sua ambizione incontenibile e alla sua incredibile lista di vittorie, Blummenfelt è già una leggenda del triathlon. “Credo che nessun triatleta riuscirà mai a vincere tutte le gare che ho vinto io nello stesso periodo di tempo”, afferma. Favorito o svantaggiato, la gara in cui Kristian Blummenfelt si giocherà la sua “opportunità speciale” è da vedere assolutamente.